mercoledì 27 maggio 2015

OSTIA, LA SMEMORATA MAFIA DEL MAGISTRATO ALFONSO SABELLA

Non è mai accaduto prima del dicembre 2014 che un'inchiesta condotta direttamente dal Procuratore Capo di Roma interessasse così in profondità l'amministrazione capitolina e che venisse chiamata 'mafia capitale'. Il termine 'mafia' usato senza alcun fronzolo da Giuseppe Pignatone non lascia dubbi: si riferisce all'art.416 bis del codice penale.
Fa effetto invece che le inchieste contro la mafia criminale di Ostia (peraltro già nota da informative di ben 10 anni prima) abbiano avuto dalla stessa Procura un nome edulcorato come 'Nuova Alba' (luglio 2013) e ‘Tramonto’ (aprile 2014). Oggi (maggio 2015) il Comune di Roma risulta commissariato sia dal Prefetto sia dagli organi politici della maggioranza, senza parlare delle verifiche ispettive condotte dal Ministero dell'Economia e Finanze, dall'Autorità Nazionale Anticorruzione (diretta da Raffaele Cantone) e dalla Guardia di Finanza. Eppure l'epicentro di questo terremoto non è il Campidoglio ma, ad arte spostato dalla stessa politica, è diventato Ostia. Il motivo? Utilizzando le inchieste 'Nuova Alba' e ‘Tramonto’, sulla mafia criminale di Ostia, deve essere cancellata l'onta della mafia capitale di Pignatone che proprio ad Ostia, nelle persone di Fabrizio Testa (PdL) e Andrea Tassone (PD), ha trovato la maggiore evidenza.
Testa è stato arrestato, Tassone (non ancora indagato) è stato costretto a dimettersi da presidente del X Municipio perché coinvolto in numerose intercettazioni telefoniche dei ROS dei Carabinieri avute con Salvatore Buzzi, braccio destro di Massimo Carminati. Le indagini sono in corso ma nel frattempo è arrivato ad Ostia, in sostituzione di Tassone, l'assessore alla legalità di Roma, Alfonso Sabella, un magistrato già purtroppo noto per le torture presso la caserma di Bolzaneto a Genova durante il G8 del 2001.

Sabella ha più volte dichiarato di aver scoperto lui la mafia ad Ostia, di dover ricorrere al napalm per debellarla, di dover intervenire da Nuova Ostia a Castelporziano contro la mafia mascherata da illeciti amministrativi. Ad Ostia, con Sabella, ogni crimine o illecito è diventato mafia, ma di mafia capitale, di Testa e Tassone, non si parla mai. Sabella, che non ha la scorta ma che affida la sua difesa personale al suo revolver mal nascosto nella fondina, anche dentro gli uffici municipali, definisce i dipendenti municipali come degli incapaci e forse collusi, perché non hanno visto la mafia sotto i loro occhi.
Insomma, sembra la descrizione di Corleone. Ma chi è il Padrino? Non si sa. Prima bisogna distruggere, prima bisogna portare la legalità, poi si vedrà: sembra il metodo americano impiegato in Iraq.
In realtà Giuseppe Pignatone un messaggio l'ha mandato: a luglio del 2013 e ad aprile 2014 ha tirato fuori dai cassetti impolverati le indagini di 10 anni fa ed è partito subito con nuove indagini che hanno incastrato dal 2013 al 2014 la giunta di Marino e di Alemanno. Luna Nuova, per la prima volta, rende pubblici i documenti delle informative di 10 anni fa in cui già si evidenziava cosa stesse accadendo a Ostia.

L'informativa del 4 febbraio 2003 poneva attenzione sul traffico di stupefacenti tra l'Italia ed il Sud America gestita dai fratelli Vito e Vincenzo Triassi per conto delle famiglie siciliane dei Cuntrera, Caruana e Caldarella. Compaiono nomi di altri clan camorristici (p.es. il clan Senese, le famiglie Moccia e Magliulo) ma anche nomi ad Ostia noti come quello di Cleto Di Maria, attuale gestore del chiosco Hakuna Matata a cui l'ex-presidente Tassone del X Municipio ha rinnovato la concessione balneare (intestata a Laura Balini) fino al 2020. Nel 2003, dopo 7 anni di detenzione nel carcere brasiliano di Fortaleza, Di Maria gestiva lo stabilimento balneare La Spiaggetta, sul Lungomare Paolo Toscanelli.
Per il resto, un intreccio di spiagge e di società di spedizioni all'estero all'interno dell'Aeroporto di Fiumicino, nate per far arrivare dal Sud America le partite di stupefacenti. La frase inquietante è di seguito riportata (siamo nel 2003): "... il proliferare delle numerose società ed attività turistico-commerciali sul territorio di Ostia Lido, è dovuto spesso alla facilità con la quale gli amministratori politici locali, provvedono a concedere autorizzazioni o a rilasciare concessioni per la conduzione di dette attività che come si è detto, hanno fatto, fanno e continueranno a far gola alla criminalità organizzata". In quel periodo, da una parte l'afflusso di denaro pubblico (le grandi opere di Veltroni per il rilancio del litorale romano, compreso il Porto di Ostia e Cineland), dall'altro l'afflusso di denaro proveniente dal traffico di droga, hanno fatto di Ostia un Eldorado per la criminalità. Cominciarono anche ad entrare le cooperative sociali per l’affidamento dei servizi delle spiagge libere. In quel periodo, fu un susseguirsi di "episodi criminali quali estorsioni, attentati incendiari e dinamitardi, omicidi ed altro". Un vero allarme sociale.

Le indagini vennero però fermate, comprese le necessarie autorizzazioni per l'acquisizione dei tabulati del traffico telefonico. Eppure esisteva già un elenco stilato di attività sospette da indagare, legate anche ad attività del centro nord e all'estero.
Non solo, ma esisteva un'altra informativa con la quale veniva chiesta una serie di accertamenti patrimoniali sugli interessi dei Triassi e dei Caldarella su Ostia. Anche questa informativa non verrà mai trasmessa all'autorità giudiziaria (l'allora Dirigente della Sezione Criminalità Organizzata e Vice dirigente della Squadra Mobile era il dr. Bruno Failla, ora Dirigente del Commissariato Prati e prossimo Questore della Repubblica).

Tutto si poteva fermare 10 anni fa, ma così non è stato. Ed oggi?
Dopo varie vicissitudini, i due fratelli Triassi, Vito e Vincenzo sono stati scarcerati a metà settembre 2013 e addirittura  assolti il 30 gennaio 2015 con formula piena dall'accusa di essere i referenti di Cosa Nostra ad Ostia, per le seguenti ‘inesattezze’ riscontrate dai giudici:

  • Vito e Vincenzo Triassi non avrebbero diretto il traffico di armi e di droga nel territorio di Ostia nell'interesse del clan Caruana – Cuntrera e tantomeno il denaro ricavato sarebbe stato investito nelle imprese di balneazione e ristorazione;
  • Vito e Vincenzo Triassi non avrebbero favorito nel 1998 la fuga in Spagna, dopo una breve sosta a Roma, del boss narcotrafficante Pasquale Cuntrera;
  • Vincenzo Triassi non avrebbe pagato un siciliano per uccidere un rivale degli Spada, un clan dei nomadi della costiera romana. 

Le indagini furono condotte da l'Isp.Sup. Pascale Gaetano e l'Ass.C. Fierro Piero, rispettivamente ufficiale ed agente di polizia giudiziaria appartenenti alla Squadra Mobile di Roma e alla POLARIA di Fiumicino. Di Pascale e Fierro, negli ultimi due anni, si è raccontata la storia su ogni testata giornalistica e in ogni programma televisivo d'inchiesta.

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